Il cittadino consapevole è meglio dell'architetto dilettante

Le competenze di partecipazione” sono una criticità nel passaggio dall’espressione dei bisogni soggettivi alla risoluzione di quelli della comunità. Ma una città non si trasforma senza il consenso critico di chi la conosce veramente. Il pensiero di Abercrombie sull’urbanistica nelle scuole. ()
school playground 1922
Su queste pagine di recente, in vari articoli e in modo più o meno esplicito, si pone la questione del «cittadino che si progetta da solo la città» incontrando vari ostacoli. Ne ha anche implicitamente citato uno tra i principali Paolo Burgio in un articolo dedicato al Green Deal Milanese: i cittadini sono addirittura insoddisfatti delle cose che si progettano da soli nel Bilancio Partecipativo.

Il diritto alla città
Quello in assoluto più noto e trattato tra gli ostacoli alla manifestazione del diritto alla città è la partecipazione, ovvero l'esercizio diretto del proprio diritto a decidere riducendo e quasi abolendo la mediazione delle deleghe politiche-tecniche. Di questo diritto si parla almeno da metà del secolo scorso, tra dibattito sul decentramento amministrativo e il ruolo delle associazioni spontanee, e qui a Milano per esempio negli ultimi tempi sia le cosiddette trasformazioni «tattiche» co-gestite, che il più complesso istituzionale Regolamento per la Partecipazione.

Il dovere della competenza
Ma c'è un altro aspetto, assai più antico e direi fondamentale, che forse proprio la focalizzazione sul diritto alla città ha finito per mettere in ombra: la qualità dell'esercizio di quel diritto a decidere, ovvero la competenza nel passaggio dalla espressione dei propri bisogni a quelli collettivi e pubblici. Quando pretendo di modificare le politiche urbane che mi riguardano capisco la natura generale di quelle trasformazioni, il loro rivolgersi certamente a me in quanto cittadino, ma anche a tutti gli altri? In sostanza il diritto a decidere si deve sempre accompagnare al dovere alla competenza su cosa e come decidere. Quella che di solito si delega in toto alla tecnica specializzata, suscitando poi le perplessità di chi non ritiene affatto adeguata né neutra quella risposta.
Detto in altri termini, se vuole fare il progettista il cittadino deve studiare da progettista, almeno nella misura in cui ciò serve a passare dalla pura espressione di bisogni soggettivi (pretendo le nuove panchine dove sono più comode per me) a ciò che pare adeguato ai diritti collettivi (panchine che rispondano alle esigenze degli utenti e della città).
Ma far studiare il cittadino da esperto di politiche non significa certo obbligarlo a prendersi lauree e dottorati di settore, iscriverlo all'Albo degli Urbanisti Dilettanti e mettergli in mano un pennarello certificato. Come si diceva sopra, esiste tutta una storia delle «competenze di partecipazione» addirittura precedente a quella dei diritti democratici alla città, a cui attingere.

“La disciplina delle città” fra le materie scolastiche
Uno dei capitoli più interessanti di questa vicenda è quello della disciplina delle città come materia scolastica, e più precisamente la proposta britannica di Patrick Abercrombie per «Civic survey and town planning in general education», pubblicata dalla prestigiosa Town Planning Review nel 1921.
La tesi da cui parte l'ancora giovane urbanista, poi famoso in tutto il mondo per il piano di ricostruzione della Grande Londra con le New Town, deriva dalle recenti esperienze nel conflitto di trincea: un pugno di uomini con una buona conoscenza del territorio, è in grado di tenere in scacco o addirittura sconfiggere truppe molto più numerose. Questa cultura, di solito patrimonio locale degli abitanti, grazie a nozioni geografiche e urbanistiche può diventare strumento di conoscenza collettiva, ed evolversi verso una idea generale di cittadinanza attiva.
Tra i fondatori della prima scuola universitaria di pianificazione urbana a Liverpool, Abercrombie vorrebbe trasformare la cultura delle città in parte integrante della formazione scolastica inferiore, e a far leva sulla sensibilità dei politici usa l’argomento della difesa del territorio. Ma non si sta discostando molto dall’obiettivo centrale: in un Paese democratico, la città non si può trasformare senza un consenso critico di chi ne difende l’integrità.
Il testo integrale, a cui faccio riferimento, è disponibile al link di seguito.

Riferimenti:
Patrick Abercrombie, Urbanistica nelle scuole, da F. Bottini, La Città Conquistatrice – Un secolo di idee per l'urbanizzazione, Corte del Fontego, Venezia 2012


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