Dai paradisi della longevità al labirinto della cura

Milano sponsorizza un convegno per discutere dei futuri profittevoli scenari aperti per il mercato della sanità dalle nuove aspettative di prolungamento della vita; mentre nella città di oggi, un drammatico rapporto evidenzia il dramma sociale di anziani, malati e dei loro caregiver abbandonati nel labirinto della cura. ()
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In questi giorni, a Milano, è in corso un evento “epocale”: Milan Longevity Summit.
Il titolo dell’iniziativa, sponsorizzata dal Comune di Milano, è altisonante: “Riscrivere il tempo - Scienza e Miti nella corsa alla longevità”. Una decina di giornate dedicate a descrivere le aspettative di vita nel prossimo futuro.

La corsa all’eterna giovinezza

Così viene descritto l’evento: “Si può ed è giusto rincorrere l’eterna giovinezza e prolungare le aspettative di vita? La ricerca scientifica più all’avanguardia risponde di sì. È una vera e propria rivoluzione nell’approccio all’invecchiamento, di cui Milano si fa portavoce con un summit di diversi giorni, un grande incontro scientifico internazionale policentrico, a carattere divulgativo e aperto al grande pubblico, agli operatori, agli studenti, che coinvolgerà le più importanti Istituzioni della città, sui temi “caldi” del momento, a livello di ricerca e di investimenti: l’invecchiamento sano (Healthy Aging) e il prolungamento della vita (Longevity).

Sessanta scienziati tra i più noti ed accreditati, vere e proprie star in questo settore, sveleranno le frontiere più avanzate della ricerca nel rallentamento del processo biologico dell’invecchiamento.
Il cambiamento demografico esige un approccio olistico, fondato su nuovi paradigmi sociali nel campo della politica assistenziale, dell’economia, del mondo del lavoro e dell’organizzazione delle città, ed anche una vera presa di coscienza politica e amministrativa. In quest’ottica il Summit ospiterà tavole rotonde con la partecipazione di demografi, investitori, imprenditori di startup e sindaci di alcune delle città che stanno già sperimentando nuovi modelli di organizzazione sociale ispirata ad una diversa composizione demografica.
Il Milan Longevity Summit si pone l’obiettivo di valorizzare Milano come centro scientifico all’avanguardia a livello internazionale e di produrre un documento in dieci punti, il Milan Longevity Program, per aiutare i legislatori, gli operatori del settore e il pubblico tutto a migliorare lo stile di vita della popolazione e contribuire ad una vecchiaia sana, attiva ed efficiente.


Milano fucina di soluzioni innovative
Il nostro Sindaco, a dir poco entusiasta ha dichiarato il giorno dell’inaugurazione: "Milano … è, da sempre, il luogo dove si manifestano, spesso in anticipo, le nuove tendenze sociali e culturali. La nostra città, in tutte le sue componenti, ha una naturale vocazione a essere fucina e laboratorio di strategie e soluzioni innovative per interpretare e valorizzare i cambiamenti. Non è un segreto che la società stia invecchiando velocemente: le persone vivono sempre più a lungo e, per questo, occorre ripensare politiche sociali, luoghi dell'abitare, sistemi di relazioni e modelli di business. Con questa iniziativa che riunisce, proprio a Milano, tanti prestigiosi esperti e studiosi, la città si conferma punto di riferimento per tutta la comunità scientifica internazionale e il mondo della ricerca, rafforzando il proprio posizionamento sui temi della salute e del benessere delle cittadine e dei cittadini e rilanciando il concetto di un nuovo Made in Italy di successo, quello delle scienze della vita, di cui è la capitale naturale. Attraverso eventi aperti a tutte le cittadine e i cittadini analizzeremo, dal punto di vista scientifico, sociale ed economico, i temi dell'invecchiamento attivo e della longevità, le prospettive, le criticità e le tante opportunità che si celano dietro a questa rivoluzione".

La sanità della longevità
Gli alfieri di questa rivoluzione sono molti e di varia provenienza. Citarli tutti è impossibile. Accenno solo gli organizzatori dell’evento: Fondazioni private, gli Ospedali privati San Raffaele e Maugeri, Organizzazioni Terzo settore. Tra loro, ad esempio, cito la Fondazione AEON che già a Gennaio, in un tour glorioso, presentò l’iniziativa milanese alla Camera con lo slogan ammaliante: “Verso un nuovo paradigma sanitario: dall’assistenza sanitaria all’invecchiamento alla sanità della longevità, guidata da tecnologie avanzate”. Il Dott. Marino, leader della Fondazione privata, ha diffuso il suo verbo anche durante una recente trasmissione delle “Iene”.

La filosofia non è originale e come al solito, si avvale di una terminologia inglese, una origine svedese e un battesimo ufficiale, nel 2005, nei dintorni della Sylicon Valley, in California. È il Biohacking. Il biohacking mira a trasformare l’essere umano in un ‘hacker’ del proprio sistema biologico attraverso un ampio spettro di tecniche, dalla semplice ottimizzazione della dieta ed esercizio fisico, fino all’auto-sperimentazione di terapie geniche o sostanze chimiche per migliorare le capacità cognitive.

Un mercato promettente
È anche un grande affare. Secondo Consumerismo: “Il mercato del biohacking ha registrato una crescita esponenziale negli ultimi anni, passando da 29 miliardi di dollari nel 2023 a 36 miliardi nel 2024, con un tasso di crescita annuale del 24%. Si prevede che entro i prossimi 5 anni raggiungerà un valore globale di circa 80 miliardi di dollari. Questo fenomeno riflette un crescente interesse verso un’area pratica che si colloca al crocevia tra biologia, chimica e tecnologia, sfidando i paradigmi tradizionali della salute umana e aprendo nuove prospettive per il miglioramento personale.”

Il programma dell’evento vede la discesa in campo di numerosi esperti economici, scientifici e anche, non casualmente, grandi consulenti manageriali e commerciali tutti attorno alla culla del nascente e promettente mercato.
I potenziali consumatori dei vari prodotti non sono gli attuali over 70, se non in piccola parte, quella con maggiori disponibilità economiche. Semmai saranno coloro che si affacciano alla quarantina e oltre, possibili target della prevenzione fai da te, vestita dalla ricerca della longevità in piena salute.

La realtà dei malati e dei caregiver
Dal paradiso immaginato e rappresentato nell’evento, in cui in apertura hanno testimoniato alcuni grandi anziani come Garattini (pioniere e praticante del corretto stile di vita, ma non del biohacking), vorrei scendere nel “Labirinto della cura”.
La definizione - molto azzeccata - è nel titolo del Rapporto presentato nello scorso dicembre da Cittadinanza Attiva. Si spiega nel testo che “Il labirinto della cura: è la condizione in cui vivono i pazienti affetti da una patologia cronica o rara, ma anche i loro familiari e chi li assiste come caregiver. Parliamo di quasi un italiano su tre, 22 milioni con almeno una patologia cronica, di cui 8,8 milioni circa con una forma patologica grave; a questi si aggiungono circa 2 milioni di persone alle quali è stata diagnosticata una malattia rara.

La platea dei caregiver familiari è invece rappresentata da ben 8,5 milioni di cittadini, che spesso rinunciano a spazi importanti della propria vita, lavorativa, sociale, affettiva. Aggiunge Mandorino – presidente dell’Associazione-: “Il labirinto è la rappresentazione opposta rispetto alla linearità del percorso di cura che dovrebbe essere assicurato ai pazienti e alle loro famiglie, come disegnato anche dal Piano nazionale delle cronicità. Ed è una condizione che non garantisce il dovuto equilibrio fra servizi sanitari e sociali per chi soffre di una patologia cronica o rara né a chi lo assiste, né tanto meno prevede il coinvolgimento dei pazienti in questo disegno”.

Il labirinto della cura

Nel rapporto si dettagliano i percorsi accidentati a cui è costretta gran parte della popolazione con patologia cronica o rara: la richiesta del riconoscimento dell’invalidità (difficoltà degli accertamenti da parte di medici, tempi di attesa degli esami o visite ecc., la mancata presa in carico, l’insufficiente assistenza domiciliare, la carente offerta della riabilitazione ambulatoriale (o a domicilio), la carente fornitura di protesi ecc.
I protocolli diagnostici e terapeutici (e gli interventi programmati ne Il Piano Nazionale della cronicità) sono resi operanti in maniera differenziata nei vari territori e in alcuni di questi assolutamente o parzialmente mancanti.

Lunghe attese per ogni visita o esame

Il quadro delineato dal sondaggio e dalle analisi del Rapporto evidenzia l’impatto negativo delle lunghe liste di attesa: “il 76% dei pazienti con malattia cronica e rara le riscontra nella prenotazione delle prime visite specialistiche; il 68,7% per gli esami diagnostici; il 62,4% per le visite di controllo e il follow-up; il 60% per il riconoscimento invalidità civile e/o accompagnamento; il 51% per il riconoscimento handicap; il 48,8% per l’accesso alla riabilitazione; il 44,4% per gli screening istituzionali (es., prevenzione tumori utero, mammella, colon retto); e a seguire con percentuali inferiori per gli altri ambiti dell’assistenza.

… e si ricorre al privato
A causa dei lunghi tempi di attesa e della mancata copertura da parte del SSN di alcune prestazioni, i cittadini sono costretti a sostenere spese private: il 67,8% lo fa per visite specialistiche effettuate in regime privato o intramurario; il 60,9% per l’acquisto di parafarmaci (es. integratori alimentari, dermocosmetici pomate); il 55,4% per esami diagnostici effettuati in regime privato o intramurario; il 46,7% per la cosiddetta prevenzione terziaria (diete, attività fisica, dispositivi…); il 44,6% per l’acquisto di farmaci necessari e non rimborsati dal SSN.

I caregiver: donne e invisibili
Nel report citato, una particolare attenzione è rivolta ai caregiver, invisibili (spesso) erogatori di cura a familiari e conoscenti. Persone (in stragrande maggioranza donne: 72%) di età compresa tra 51 e 65 anni che nell’80% di casi si prende cura di un genitore e nella maggioranza (56%) ha dovuto abbandonare il lavoro per assistere per diversi anni il congiunto o i congiunti.

L’Osservatorio Vulneralibilità e Resilienza (OVER) delle ACLI Lombarde, a sua volta, mediante un ampio sondaggio, nel suo Rapporto 2023, delinea alcuni aspetti della condizione dei caregiver lombardi. Il genere del caregiver è donna nella stessa proporzione del Rapporto Nazionale.
Dati analoghi riportati in questo sono: l’età media e la percentuale delle persone occupate.
L’età media degli assistiti è 81 anni e tre quarti sono ultraottantenni. Più di otto assistiti anziani su dieci non sono in grado di uscire da soli (autoreclusione domestica).
Il 70% dei caregiver presta la cura all’anziano tutti i giorni. Assistenza prestata per un lungo periodo.

Un anziano su tre non ha alcun aiuto pubblico
L’analisi si allarga agli impatti del lavoro di cura sulla vita privata e professionale del caregiver. Nel caso di un anziano su tre nessun aiuto da parte degli enti pubblici né da parte dei servizi privati.
Metà degli assistiti anziani utilizza servizi a pagamento (badanti, prestazioni sanitarie e sociosanitarie, trasporti, riabilitazione ecc. Da parte dell’asl (o ASST) negli ultimi due anni ha avuto assistenza il 27%, da parte di volontari l’8% e da parte del Comune il 7%. Nessun servizio il 33%.
I Caregiver (uno su tre) vorrebbero anche un sostegno psicologico. La rarefazione della famiglia in ogni senso aumenta la richiesta di un aiuto pubblico da parte degli anziani, contrariamente al tempo di Formigoni dove la fiducia nell’aiuto dei familiari era preminente.

Ridotto l’assegno mensile per i caregiver (B1 e B2)

A fronte delle richieste di aiuto da parte dei caregiver la Regione Lombardia ha recentemente varato una legge approvata all’unanimità che riconosce la figura del caregiver quale co-attore nel contesto dei servizi territoriali. La legge 23 del 2022 dava un ruolo giuridico al caregiver familiare e dunque, rispetto alle altre Regioni, è innovativa. Come al solito tra i dettami di legge e la realtà c’è un mare di compatibilità economiche e di volontà politiche. Prova ne sia che recentemente la Regione ha ridotto l’assegno mensile a favore dei caregiver della categoria B1 e B2. Risparmio?
L’Associazione Ledha ha gridato ai quattro venti l’entità di questa scelta politica a sfavore di migliaia di disabili: 10 milioni. Bravo Fontana! Un bel risparmio in un Bilancio Regionale di venticinque miliardi.

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