Rombon, da casello a casello

Da un increscioso fattaccio di cronaca, una riflessione seria, e non propagandistica, su che cosa vuol dire in concreto sicurezza e qualche considerazione su come agire per migliorarla anche nei nostri quartieri. ()
city planning
La cronaca locale si cimenta con incipit da pulp fiction: «L'hanno sorpresa mentre era da sola in auto. L'hanno trascinata fuori di peso, letteralmente, e l'hanno buttata a terra. Poi, quando lei ha cercato disperatamente di fermarli, in ogni modo, non si sono fatti problemi a investirla per guadagnarsi la fuga. Sono i frame della folle rapina andata in scena domenica scorsa al distributore di benzina Esso di via Rombon a Milano, teatro del violentissimo blitz di due banditi».
Per lasciare poi spazio all'interpretazione dell'assessore regionale De Corato secondo il cui giudizio «Le periferie di Milano sono ormai fuori controllo. Per la Giunta comunale sono buone solo per organizzarci eventi con le solite associazioni amiche, ma parlare di sicurezza è un tabù».

Motor Slum
E allora parliamone, magari con maggiore attenzione alla specificità dei luoghi, visto che nello specifico non si tratta genericamente di periferie in senso topografico e neppure sociale, ma di quello che già all'alba del '900 l'ambientalista americano Benton MacKaye definiva Motor Slum, termine traducibile quasi alla lettera con Tugurio Automobilistico.
Pare un po' sbrigativa come definizione per il tratto più esterno dell'asse cittadino che da Piazzale Loreto si raccorda alla Tangenziale prima e alla Cassanese/Bre.Be.Mi. più oltre. Ma non se ragioniamo oggettivamente sull'organizzazione spaziale di quella striscia tra lo svincolo di Lambrate e l'imbocco del tunnel sotto il rilevato ferroviario che immette nell'ambiente propriamente urbano di via Porpora-Piazza Gobetti. Perché prima quel Tugurio Automobilistico urbano lo è solo di nome, e poco di fatto, lasciatelo dire a uno che ci abita e lo percorre su e giù ogni giorno.

Una Palmanova a metà
C'è un altro modo in cui potremmo definirla, la via Rombon, ed è una Palmanova lasciata a metà, giusto per usare un riferimento analogo e non lontano. Di via Palmanova condivide il ruolo di raccordo tra lo svincolo e la barriera ferroviaria urbana, ma le analogie praticamente finiscono qui se si esclude la percezione spaziale: entrambe dei prolungamenti di autostrada, percorsi spesso a velocità piena dagli automobilisti che leggono una sorta di interfaccia misto.
Ma se Palmanova (come altri assi, ad esempio quello Pertini dallo svincolo Cusago al terminal Bisceglie) è stato interpretato coerentemente, e alla lettera incistato dentro i quartieri a separarli nettamente, dalla carreggiata e tra loro, con l'aggiunta del tracciato esterno MM2, Rombon è un caso di vero e proprio lavoro lasciato a metà.

Autostrada o città?
Lasciato colpevolmente, a metà, come si coglie a colpo d'occhio: gli urbanisti del quartiere INA Casa Feltre, che raccorda per così dire la Tangenziale alla città, hanno sicuramente avuto qualche peso anche nel determinare l'interfaccia classico del controviale sul lato dei numeri dispari, che in qualche misura fa da filtro, sia per la velocità dei veicoli che per altri comportamenti.
Mentre sul lato numeri pari, di fatto una sorta di improvvisato e mal gestito tamponamento tra il tessuto storico retrostante e l'affaccio sulla carreggiata, decisamente imperversa un discontinuo Motor Slum. Solo in minima parte reso meno «ambiente autostradale irrisolto» da arretramenti, semafori, irregolarità lineari percepite come piazze dagli utenti abitanti pedoni, dallo slargo di Villa Serbelloni via Crescenzago, al parcheggio del mercato di via Pini, al frastagliato bordo definito dalle scuole. E il distributore del fattaccio di cronaca nera con cui si è aperto, ha qui buon gioco a inserirsi perfettamente a confermare la natura autostradale/terra di nessuno, anziché urbana, sulla cui sicurezza dubita l'assessore De Corato.

Uno spazio irrisolto genera degrado
Concordiamo in pieno da questo punto di vista, salvo precisare meglio il concetto: sicurezza sì, ma prima di tutto e fondamentalmente sicurezza stradale, che rappresenta la premessa indispensabile di tutto il resto, essendo il degrado di comportamenti indotti da assenza di controllo e presidio spontaneo proprio la conseguenza dello spazio irrisolto che abbiamo definito Tugurio Stradale. E di cui il classico grande piazzale da distributore extraurbano dell'agguato è parte integrante.
Una maggiore sicurezza stradale ottenuta con misure di traffic calming da rallentamento dei veicoli e loro «metabolizzazione nel tessuto urbano» e nei comportamenti, si accompagna anche al contenimento di tante devianze marginali che oggi degradano tutta la striscia dallo svincolo al tunnel ferroviario: dalla sosta stabile di camper lungo il marciapiede o in genere le seconde e terze file croniche, all'abbandono di rifiuti in piccole ma micidiali discariche abusive, al formarsi di occasionali accampamenti, non ultimo quella specie di mercatino informale di furgoni del fine settimana, che trova esattamente nella «strip da arteria veloce» il suo ambiente naturale.

Nessun tabù, ma analisi concrete
I punti specifici su cui agire, pur senza entrare in dettagli di tipo tecnico organizzativo che non competono certo a chi scrive, né all'utente generico in grado di cogliere al massimo certe incongruenze prestazionali (sicurezza urbana percepita compresa) sono quelli già citati e in realtà abbastanza ben definiti dai semafori esistenti, se li immaginiamo sostituiti da organizzazioni spaziali che svolgono assai meglio una analoga funzione di rallentamento e interfaccia.
Ovvero lo sbocco diretto dello svincolo dopo il ponte sul Lambro, lo slargo all'incrocio di via Crescenzago, oggi davvero mortificato anche da funzioni povere e indegne, il sistema di via Pini e Mercato Comunale, l'innesto di Piazza Monte Titano.
Perché a differenza di quel che pensa l'assessore De Corato parlare di sicurezza non è affatto un tabù per nessuno, solo che bisognerebbe farlo guardando concretamente al territorio, anziché alla sua confusa percezione dal finestrino di un veicolo già lanciato verso le autostrade tanto care al partito dell'automobile.



Immagine di copertina da Robert Whitten, «Expressway and the Region», City Planning, gennaio 1932

Riferimenti:
Follia al distributore: banditi trascinano ragazza fuori dall'auto, poi la investono, Today 13 novembr 2020
Benton MacKaye, L'Autostrada Senza Città (1930), The New Republic, marzo 1930, orig. The Townless Highway, traduzione di Fabrizio Bottini

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Re: Rombon, da casello a casello
20/11/2020 FABRIZIO BOTTINI
Diciamo pure, Mario, che quel pezzo di Today da cui prende spunto il mio qui (vedi il link imperfetto a piè di pagina da usare col copia incolla) era una semplice intervista all'Assessore De Corato, il quale parlava di periferia molto genericamente. Avrebbe anche potuto dire centro storico senza cambiare di una virgola il resto, salvo evocare insicurezze percepite di tipo diverso ma chiedere il medesimo solito pugno di ferro sul naso di non si sa bene chi. Ci penseranno gli elettori a trovare il nemico giusto per l'occasione, lasciando tutto il resto uguale a prima visto che non l'hanno guardato. Io e altri proviamo invece a considerare la questione più praticamente, non cercando voti ma sperando in qualche riflessione collettiva non campata in aria www.cittaconquistatrice.it


Re: Rombon, da casello a casello
20/11/2020 Mario De Gaspari
In effetti quel tratto risente un po' troppo della subordinazione alle ragioni del traffico. Perché è stato parzialmente risolto con il mega svincolo spaghettata, ma il tratto di via Rombon è rimasto disgraziatamente in sospeso. Forse, osservando dal panottico centromilanese, la città sembra perdersi dopo il sottopassaggio ferroviario (alla Bovisasca ad esempio era proprio così), mentre da lì in poi la città prosegue in tutto e per tutto con caratteristiche pienamente urbane (non è la città infinita, è città città), solo vistosamente contraddette da quella semiarteria a metà tra una tangenziale e una via Larga abbandonata a se stessa. Un miglior assetto e una più congruente integrazione di quel piccolo tratto significherebbe molto anche in termini di sicurezza, fermo restando il ricordo che episodi analoghi sono purtroppo accaduti anche a porta Venezia...


Re: Rombon, da casello a casello
19/11/2020 FABRIZIO BOTTINI
Curioso, Giorgio, che dopo aver commentato «interessante disamina delle problematiche urbane» lei la bolli come retorica inconcludente se non si praticano delle belle politiche anti-urbane di dispersione, del tipo amato dal nostro Fascismo e da tutti i regimi autoritari e di destra del mondo (comepreso quel genere di destra consumista e familista che oggi si chiama populismo. Quelle che qualche architetto del tutto ignaro di decenni di dibattito sulla insostenibilità ambientale e sociale vorrebbe rilanciare con uno slogan che pare preso dalla pubblicità del Pennello Cinghiale: per fare l'appartamento più grande e mantenere meglio le distanze sociali bisogna andare in campagna. Contento lei, chi studia da decenni la città e le sue potenzialità, oltre che i suoi problemi, ritiene che le cose siano un pochino più complesse, e non basti dire come si faceva nel congressi di Urbanistica Rurale degli anni '30: «Distribuire il lavoro per distribuire la popolazione». Saluti


Re: Rombon, da casello a casello
19/11/2020 Giorgio
Interessante esamina delle problematiche urbane, comunque non si esce dalla retorica inconcludente se non viene attuata una politica urbana finalizzata a diminuire la densita' dei residenti nelle citta'. Siamo a 7.000 abitanti per Kmq. , alta densita' alta criminalita' non serve piu' controllo ma cambiamenti nella vita sociale.


 
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