Rombon, da casello a casello
Per lasciare poi spazio all'interpretazione dell'assessore regionale De Corato secondo il cui giudizio «Le periferie di Milano sono ormai fuori controllo. Per la Giunta comunale sono buone solo per organizzarci eventi con le solite associazioni amiche, ma parlare di sicurezza è un tabù».
Motor Slum
E allora parliamone, magari con maggiore attenzione alla specificità dei luoghi, visto che nello specifico non si tratta genericamente di periferie in senso topografico e neppure sociale, ma di quello che già all'alba del '900 l'ambientalista americano Benton MacKaye definiva Motor Slum, termine traducibile quasi alla lettera con Tugurio Automobilistico.
Pare un po' sbrigativa come definizione per il tratto più esterno dell'asse cittadino che da Piazzale Loreto si raccorda alla Tangenziale prima e alla Cassanese/Bre.Be.Mi. più oltre. Ma non se ragioniamo oggettivamente sull'organizzazione spaziale di quella striscia tra lo svincolo di Lambrate e l'imbocco del tunnel sotto il rilevato ferroviario che immette nell'ambiente propriamente urbano di via Porpora-Piazza Gobetti. Perché prima quel Tugurio Automobilistico urbano lo è solo di nome, e poco di fatto, lasciatelo dire a uno che ci abita e lo percorre su e giù ogni giorno.
Una Palmanova a metà
C'è un altro modo in cui potremmo definirla, la via Rombon, ed è una Palmanova lasciata a metà, giusto per usare un riferimento analogo e non lontano. Di via Palmanova condivide il ruolo di raccordo tra lo svincolo e la barriera ferroviaria urbana, ma le analogie praticamente finiscono qui se si esclude la percezione spaziale: entrambe dei prolungamenti di autostrada, percorsi spesso a velocità piena dagli automobilisti che leggono una sorta di interfaccia misto.
Ma se Palmanova (come altri assi, ad esempio quello Pertini dallo svincolo Cusago al terminal Bisceglie) è stato interpretato coerentemente, e alla lettera incistato dentro i quartieri a separarli nettamente, dalla carreggiata e tra loro, con l'aggiunta del tracciato esterno MM2, Rombon è un caso di vero e proprio lavoro lasciato a metà.
Autostrada o città?
Lasciato colpevolmente, a metà, come si coglie a colpo d'occhio: gli urbanisti del quartiere INA Casa Feltre, che raccorda per così dire la Tangenziale alla città, hanno sicuramente avuto qualche peso anche nel determinare l'interfaccia classico del controviale sul lato dei numeri dispari, che in qualche misura fa da filtro, sia per la velocità dei veicoli che per altri comportamenti.
Mentre sul lato numeri pari, di fatto una sorta di improvvisato e mal gestito tamponamento tra il tessuto storico retrostante e l'affaccio sulla carreggiata, decisamente imperversa un discontinuo Motor Slum. Solo in minima parte reso meno «ambiente autostradale irrisolto» da arretramenti, semafori, irregolarità lineari percepite come piazze dagli utenti abitanti pedoni, dallo slargo di Villa Serbelloni via Crescenzago, al parcheggio del mercato di via Pini, al frastagliato bordo definito dalle scuole. E il distributore del fattaccio di cronaca nera con cui si è aperto, ha qui buon gioco a inserirsi perfettamente a confermare la natura autostradale/terra di nessuno, anziché urbana, sulla cui sicurezza dubita l'assessore De Corato.
Uno spazio irrisolto genera degrado
Concordiamo in pieno da questo punto di vista, salvo precisare meglio il concetto: sicurezza sì, ma prima di tutto e fondamentalmente sicurezza stradale, che rappresenta la premessa indispensabile di tutto il resto, essendo il degrado di comportamenti indotti da assenza di controllo e presidio spontaneo proprio la conseguenza dello spazio irrisolto che abbiamo definito Tugurio Stradale. E di cui il classico grande piazzale da distributore extraurbano dell'agguato è parte integrante.
Una maggiore sicurezza stradale ottenuta con misure di traffic calming da rallentamento dei veicoli e loro «metabolizzazione nel tessuto urbano» e nei comportamenti, si accompagna anche al contenimento di tante devianze marginali che oggi degradano tutta la striscia dallo svincolo al tunnel ferroviario: dalla sosta stabile di camper lungo il marciapiede o in genere le seconde e terze file croniche, all'abbandono di rifiuti in piccole ma micidiali discariche abusive, al formarsi di occasionali accampamenti, non ultimo quella specie di mercatino informale di furgoni del fine settimana, che trova esattamente nella «strip da arteria veloce» il suo ambiente naturale.
Nessun tabù, ma analisi concrete
I punti specifici su cui agire, pur senza entrare in dettagli di tipo tecnico organizzativo che non competono certo a chi scrive, né all'utente generico in grado di cogliere al massimo certe incongruenze prestazionali (sicurezza urbana percepita compresa) sono quelli già citati e in realtà abbastanza ben definiti dai semafori esistenti, se li immaginiamo sostituiti da organizzazioni spaziali che svolgono assai meglio una analoga funzione di rallentamento e interfaccia.
Ovvero lo sbocco diretto dello svincolo dopo il ponte sul Lambro, lo slargo all'incrocio di via Crescenzago, oggi davvero mortificato anche da funzioni povere e indegne, il sistema di via Pini e Mercato Comunale, l'innesto di Piazza Monte Titano.
Perché a differenza di quel che pensa l'assessore De Corato parlare di sicurezza non è affatto un tabù per nessuno, solo che bisognerebbe farlo guardando concretamente al territorio, anziché alla sua confusa percezione dal finestrino di un veicolo già lanciato verso le autostrade tanto care al partito dell'automobile.
Immagine di copertina da Robert Whitten, «Expressway and the Region», City Planning, gennaio 1932
Follia al distributore: banditi trascinano ragazza fuori dall'auto, poi la investono, Today 13 novembr 2020
Benton MacKaye, L'Autostrada Senza Città (1930), The New Republic, marzo 1930, orig. The Townless Highway, traduzione di Fabrizio Bottini